SEM 24 - Il gioco dell'acqua




“Il gioco dell'acqua” è il primo di una serie di libri che racconta la storia di S.E.M. 24, una squadra composta da circa venti guerrieri che si schierano a favore di coloro che ogni giorno subiscono le continue violenze di pedofili e malfattori. S.E.M. 24 significa “Squadra Emergenza Minori”, mentre il numero 24 è il complessivo dei suoi stessi componenti. Questi uomini, e donne, altamente addestrati, si dividono e agiscono in ogni luogo, formando quattro squadre composte da sei cellule operative, pronte a contrastare gli orchi e a correre in aiuto di moltissimi santi innocenti.
In questo libro si narrano le primissime origini di una squadra segreta che ha reso difficile le intenzioni spietate di un'organizzazione internazionale di pedofili, nota con il nome di “The Water's Game”. Il periodo in questione è abbastanza contemporaneo perché si riferisce agli inizi del nuovo millennio, quando il grande tabù della pedofilia ha cominciato a far tremare ogni famiglia per bene. I mass media hanno provato a informare sulla pericolosità di questi malati sessuali, ma purtroppo lo hanno fatto nel modo sbagliato e senza mai approfondire questo pesante dramma infantile. Grazie a Dio, la S.E.M. 24 ha deciso di entrare in azione cercando di proteggere i bambini dalle continue perversioni del maligno.
Per chi ha letto il romanzo “Nell'anima del guerriero”, questo mio nuovo libro è il proseguo di una missione apparsa nei capitoli finali. La vicenda di S.E.M. 24 è durata per lungo tempo e tuttora si nasconde nelle retrovie di un assoluto silenzio. Solamente chi ha vissuto le missioni di S.E.M. 24 è consapevole della sua ignota esistenza e dopo questi undici anni di pura leggenda, è forse arrivato il tempo di raccontare ciò che è accaduto in diverse parti del mondo.


Nel mio ultimo libro "Il gioco dell'acqua" tratto esclusivamente della violenza nei confronti di anime indifese, quali i bambini e gli adolescenti di ogni età. Questa mia testimonianza diretta, però, è anche rivolta a quelle donne che, giorno e notte, subiscono i continui soprusi da parte di quegli esseri spregevoli, definiti come spazzatura umana. Essi non sono "uomini", essi non sono altro che dei malati terminali in attesa di una cura inesistente. Neanche l'amore riuscirebbe ad essergli d'aiuto, neanche il carcere gli raddrizzerebbe il culo, neanche la morte gli risolverebbe il loro delirio. Bisognerebbe solamente trasportarli in mezzo al deserto e lasciarli in balia di se stessi. Io, che mi reputo un buono, li metterei al seguito di una carovana di beduini che, a distanza di due giorni di cammino, gli fanno trovare alcuni avanzi di cibo avariato, sia dal caldo torrido che dai mosconi e visto che ci siamo, mezzo litro d'acqua pisciata. Allora sì che quando mi siederò a tavola, oppure mi riposerò nel mio letto potrò dire: "Chissà se quello là avrà trovato un albero, una sedia o una corda per impiccarsi?" Però sarò anche fiducioso che il deserto si chiama deserto per un giusto motivo, quindi quel beneficio non sarà mai presente in nessun momento della giornata.
Sarò pure consapevole che ad ogni loro passo strisciato, la loro mente capirà cosa voglia dire procurare malvagità al prossimo, e sarò anche sicuro che quelle merde chiederanno pietà al sole, colui che "pian piano" gli prosciugherà l'anima e distruggerà la loro esistenza...

2 commenti:

  1. Sono quasi arrivato alla fine della stesura del secondo libro e rispetto all'altro mi sembra di averci impiegato pochissimo, credo una trentina di giorni o poco più, ma non due anni come il primo romanzo. Scrivere è bello, soprattutto se hai il coraggio di seguire un tuo ideale e presentarlo agli occhi di coloro che, prima o poi, lo leggeranno. Non penso mai quale sarà il mio prossimo lettore, sarebbe troppo per uno scrittore emergente.. Penso soltanto a me stesso. Credo che se si riesca a convincere se stessi, si possa ambire a qualcosa in più. Non penso mai che dietro l'angolo ci sia ad aspettarmi colui, o colei, che un giorno, chissà quando...mi pubblicherà il libro...perchè chi vive sperando muore cagando.
    Io lo scrivo e lo lancio in mezzo a una grande piazza, della quale non si vedono neanche i confini. Lo so che non sono solo, ci mancherebbe! Però io voglio esserci in mezzo a quella folla di scrittori, se no che gusto ci sarebbe passare da tante vie traverse. I raccomandati di sicuro lo fanno, ma poi? Poi si ritrovano a trascorrere il tempo a chiedere grazie a qualcuno che li ha costretti a scendere a compromessi. Anch'io vorrei dire grazie, ma non a coloro che con una telefonata ti risolvono in meno di tre minuti la tanto aspirata pubblicazione (magari anche pagando di tasca propria). A me piacerebbe dire grazie a chi ha reso possibile il mio operato, a chi mi ha scritto perchè non ci ha capito un cazzo di ciò che volevo dire in quella frase, oppure all'inizio di quel capitolo.
    Io ho notato questo, almeno nel mio primo libro: all'inizio nessuno ti considera e poi si permettono pure di prenderti in giro: "Lui... un libro!!! Ahahahahah". Poi iniziano a smerdarti, picchiano giù duro, sparlano come galline inferocite, fanno gli scongiuri che sembrerebbero dei riti Voodoo, ma poi chi l'ha dura la vince e vincerà sempre.
    Il mio prossimo libro uscirà a giorni e lo lancerò in mezzo come ho fatto con l'altro e voglio proprio vedere se quei riti Voodoo mi porteranno dell'altro bene. Tuttavia sono anche fiducioso che le persone di grande animo, che ho avuto l'onore di conoscere in quest'ultimo periodo, siano ancora pronte a fare la differenza, perchè chi vive con la cattiveria nello spirito ha sempre vita breve.... Ciao!

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